L’odio per l’appartenenza politica, sociale, etnica, religiosa, di genere …. amplificato da internet e dai social network, ha trasformato la rete in un campo di battaglia: qualsiasi cosa accada – fatti, affermazioni, azioni e comportamenti anche di poca importanza – c’è sempre qualcuno che, protetto dall’anonimato o da sigle varie, commenta e istiga a compiere atti violenti e scellerati.
L’installazione pone l’accento sulla responsabilità dell’arte e dell’intellettuale nel suo rapporto con la realtà.
Nello spazio è allestita una guardiola di sorveglianza illuminata, tutt’attorno è buio. L’interno del piccolo ambiente, illuminato da una lampada a piatto, è arredato in modo minimo: una sedia, un tavolino, il telefono, il blocchetto per le ricevute, un cruciverba e, all’angolo, un vecchio televisore acceso.
Il sorvegliante è assente, nessuno controlla chi entra ed esce dal palazzo.
Il televisore trasmette Il cecchino (video 2018) una lunga serie di persone appartenenti a ogni categoria sociale, etnica, sessuale, politica, immagini del consumo, messaggi Facebook, Twitter… che vengono sistematicamente colpiti da un rumoroso sparo di Kalashnikov AK47.
Alla fine del video si scopre che il sorvegliante assente è l’artista stesso.
Non vede la realtà raccontata dal vecchio televisore. La sua risposta artistica si palesa nel giocare a fare il cecchino con un fucile di legno.
Anno2020TecnicaVideoinstallazione